venerdì 24 dicembre 2010


Cara amica, caro amico

in occasione delle festività natalizie, siamo lieti di presentarti i nostri più sinceri Auguri di Buon Santo Natale e un Felice Anno Nuovo a te, alla tua famiglia e a tutti i tuoi cari.

I Consiglieri Comunali del PdL Massimo Monzani e Enzo Lorenzi

giovedì 23 dicembre 2010

Al sindaco Gregori manca non solo l'onestà intellettuale ma anche la logica.


Abbiamo assistito nel corso dell'ultimo consiglio comunale alla sagra di chi la spara più grossa contro la passata amministrazione comunale guidata con grande onestà ed impegno dall'amico Ezio Cologni, in particolare l'attuale primo cittadino Gregori si è lasciato andare in affermazioni veramente assurde giungendo a sostenere che i precedenti amministratori avevano acquistato la Villa Andreani solo per fare un dispetto alla nuova giunta e lasciarle molti debiti da pagare.

Al di la del fatto che solo una mente veramente provata può giungere a pensare che quanti hanno governato e che si ricandidavano a continuare a governare, facessero delle scelte solo per fare dispetto a Gregori, tornato sindaco solo perchè non c'è stata la capacità politica di ripetere a Osio quanto ben fatto a livello provinciale, regionale e nazionale.

Insomma Ezio nel momento in cui pensava di essere ancora lui a fare il sindaco rincandidandosi alle elezioni perchè mai avrebbe dovuto fare un dispetto, nel suo auspicio di rielezione, a se stesso?

Ma l'aspetto più assurdo di tutta questa incredibile rivisitazione di comodo dei fatti, dimentica l'aspetto ideale che sottostava alla scelta di comperare la Villa Andreani: portare al patrimonio comunale l'unica vera testimonianza architettonica di valore storico dl nostro Paese!

Massimo Monzani

C'è solo da sorridere inoltre alla ricostruzione da parte del giornalino comunale della storia dell'acquisto della villa , cifre inesatte e varie omissioni, ma ci siamo abituati.

Giovane Italia: la maggioranza silenziosa non va in piazza


“I numeri della manifestazioni contro la riforma Gelmini a Bergamo non sono altro che l’ennesima dimostrazione di quella che è la reale portata della protesta alla riforma stessa”. Lo sostiene Enzo Lorenzi di Giovane Italia, movimento giovanile del Popolo della Libertà di Bergamo.

“I media e la carta stampata – spiega in un comunicato stampa – giustamente evidenziano le contestazioni in tutta Italia senza però mai ricordare quella grande maggioranza silenziosa di ragazzi che continuano a fare il proprio dovere senza sentire il bisogno di andare a gridare in piazza contro una riforma per gli studenti e non contro gli studenti. La protesta infatti non ha nessun contenuto se non i soliti slogan triti e ritriti di sessantottina memoria, i ragazzi senza rendersene conto sono manovrati per difendere privilegi che sono alla base del mancato rinnovamento del mondo scolastico e universitario in particolare degli ultimi anni”.

“Per quel che riguarda invece la polemica sull’ordine pubblico, penso che sia nell’interesse degli studenti che frange estremiste e violente, che poco hanno a che spartire con gli altri giovani scesi in piazza comunque pacificamente, vengano isolate e preventivamente fermate per consentire comunque agli altri di manifestare il proprio pensiero”.

“Strumentalizzazioni di sorta, con vaghi riferimenti a presunti infiltrati, non fanno altro che rimandare il problema, solo una ferma condanna di chi va in piazza per distruggere e non per contribuire a una causa potrà dare qualche risultato. Anche questa volta alcune voci del centrosinistra hanno perso una occasione per dare un segnale responsabile e non tentar sempre di cercare un piano acculto dietro ad ogni evento” conclude Lorenzi.

Fonte Bergamo Sera

giovedì 16 dicembre 2010

Fontana: accordo Indesit, ben il metodo bergamasco di fare squadra



Dopo l’intesa raggiunta sulla Indesit di Brembate (e ratificata oggi dai lavoratori) c’è soddisfazione nel Popolo della Libertà: “È molto importante che anche i lavoratori abbiano detto sì all’accordo – dichiara il deputato bergamasco Gregorio Fontana – Non scompare però il rammarico per la scelta dell’azienda di abbandonare la bergamasca”.

“L’intesa è tuttavia positiva perché mantiene l’occupazione e soprattutto scommette sul territorio – argomenta Fontana – La vicenda si è conclusa così con un successo del metodo bergamasco del fare squadra, grazie al quale abbiamo assistito a una forte mobilitazione di parti sociali, politica e istituzioni fino ai massimi livelli. La crisi non si sarebbe potuta risolvere senza la mediazione del Ministero dello Sviluppo Economico, con in prima linea il sottosegretario Stefano Saglia e in particolare il Ministro Maurizio Sacconi, che è intervenuto personalmente in più occasioni sull’azienda durante la trattativa”.

“Con lo stesso metodo, in questi mesi abbiamo affrontato altre due vertenze: oltre a Indesit, c’è stata Tenaris”, spiega Fontana. “Da parte nostra, non abbandoneremo questo metodo, che si è rivelato efficace: il Popolo della Libertà ha infatti già pronta una task force, composta da parlamentari, assessori provinciali e consiglieri regionali – rivela – Un tavolo di lavoro da convocare periodicamente per monitorare la situazione occupazionale e coordinare con lavoratori e istituzioni gli interventi necessari a tutti i livelli”.

“Restano aperte numerose vertenze, tutte meritevoli di attenzione: lavoro e rilancio delle imprese del nostro territorio sono ai primi punti della nostra agenda”, conclude Fontana.

mercoledì 15 dicembre 2010

Dal Popolo della Libertà solidarietà alle famiglie dei caduti italiani nelle missioni di Pace


Nel Consiglio Comunale di venerdì 10 dicembre è stata presentata e votata all'unanimità una mozione, presentata dal gruppo Pdl, di ferma condanna agli atti di intolleranza verso i nostri soldati impegnati nelle missioni di Pace e di solidarietà a tutte le famiglie dei caduti italiani, che rischiano quotidianamente la loro vita nei contesti internazionali per la liberà e la pace dei popoli.

La mozione è stata comunque emendata per volontà di Osio Aperta che riteneva strumentali i riferimenti di condanna anche a partiti o esponenti politici intolleranti quando non apertamente ostili verso le missioni di Pace all'estero. Hanno inoltre ritenuto di modificare missioni di Pace in internazionali.

Prendendo atto della classica propensione della sinistra ad appropriarsi della parola "Pace" quando non utilizzata nelle proprie manifestazioni dai più vari e disparati argomenti, che di pacifico hanno ben poco, troviamo doverosa una puntualizzazione, con particolare riferimento alla questione afghana.

Con strumentale andrebbero infatti definiti quei politici, o quelle forze politiche, che speculando sulla morte dei nostri soldati per meri fini elettorali chiedono continuamente il ritiro dei nostri ragazzi impegnati delle missioni di Pace. Ritiro che altro non sarebbe se non la vittoria delle forze del terrore, cosa che renderebbe il sacrificio dei nostri militari un inutile sacrificio. E questo non possiamo permetterlo.

Dobbiamo allora ricordare perché questi ragazzi, questi eroi, si trovano li e cosa sono li a fare. Dopo il crollo del regime dittatoriale dei Talebani, una forza internazionale di pace, sotto mandato dell'Onu sta cercando di traghettare uno dei Paesi più poveri del mondo a una dimensione di normale democrazia.

Se pensiamo poi al trattamento che i Talebani riservavano e riservano alle donne: sei giovanissime fucilate nello stadio di Kabul colpevoli di voler andare a scuola, il burka obbligatorio (invenzione del secolo scorso ad opera di estremisti che di religioso avevano ben poco), l'essere considerate proprietà assoluta di un uomo al pari del bestiame; io dico che anche solo per questi pochi e tristi esempi l'impegno per un Afghanistan libero e democratico è un dovere della comunità internazionale di cui anche noi siamo parte.

martedì 14 dicembre 2010

Berlusconi: serve continuità non una crisi di governo al buio



Discorso del Presidente del Consiglio, on. Silvio Berlusconi al Senato della Repubblica – 13 dicembre 2010

Signori Senatori,

per la seconda volta nel volgere di poche settimane il Parlamento è chiamato a decidere sulla fiducia al governo. Il mio rispetto per le Camere, che sono espressione libera della sovranità popolare e ad essa rispondono di regola ogni cinque anni, mi impone di aprire queste brevi considerazioni con una franca e leale premessa nell’interesse superiore della democrazia. Abbiamo bisogno di continuità operativa, di un governo in perfetta efficienza, di una cooperazione istituzionale e politica ampia, abbiamo bisogno di capacità di decisione. Abbiamo bisogno di tutto tranne che di una crisi al buio, senza che vi siano alternative valide al quadro politico stabilito dagli italiani con il loro voto.

Se vi è un dato certo del nostro sistema politico è che oggi nel popolo italiano è profondamente radicata la volontà di poter scegliere direttamente da chi essere governati, ad ogni livello: dal sindaco della propria città al capo del proprio governo. La gran parte dei cittadini non vuole che le decisioni prese nel momento delle elezioni possano venire modificate da logiche o interessi politici che sono loro completamente estranei.

Se un governo non ha bene operato e deve lasciare deve essere il popolo a deciderlo, il popolo al quale il primo articolo della nostra Costituzione attribuisce la sovranità. Se questo principio viene violato si tradisce la lettera e lo spirito della Costituzione.

I liberi parlamenti sono chiamati ad interpretare e a rappresentare la volontà popolare, non a sostituirvisi per ragioni di interessi di parte.

Ecco perché la questione che abbiamo di fronte si pone in termini semplici e chiari, comprensibili da tutti i cittadini e da tutti i parlamentari: fiducia o sfiducia; crisi al buio “sì” o “no”.

Su questi due punti, maggioranza e opposizioni discuteranno oggi e domani al Senato e alla Camera.

La nostra posizione è assolutamente chiara, come chiaro è stato il mandato a governare conferitoci dal popolo italiano due anni fa.

Prima e al di là delle scelte dei gruppi e dei singoli e prima di ogni divisione, tutti abbiamo il dovere e la responsabilità di essere sempre costruttivi quando governiamo e legiferiamo in nome del popolo. Sono costruttive le maggioranze quando sostengono e incalzano i governi a governare, sono costruttive le opposizioni quando con le loro contestazioni e le loro proposte offrono o, almeno, preparano delle alternative.

Ma non solo la fiducia, anche la sfiducia deve essere costruttiva.

Vi sono moderne democrazie parlamentari, penso a quella tedesca, che proprio per fugare i rischi di instabilità, addirittura prevedono la sfiducia costruttiva come istituto costituzionale. Si può cambiare un premier e scomporre una maggioranza votati dagli elettori, ma bisogna provare che un altro premier e un'altra maggioranza sono possibili, bisogna dichiarare chi e quale e poi provare che sono possibili.

Mi si obbietterà magari dalle stesse tribune, le stesse che un giorno sì e un altro pure invocano il modello tedesco anche per l'Italia, che la democrazia parlamentare italiana è un'altra cosa.

Ebbene, per quanto la democrazia parlamentare italiana possa essere diversa dai modelli più acclamati, nessuno è autorizzato a pensare e ad agire come se la nostra democrazia possa essere ridotta a teatro di inconcludenti velleità, nessuno può dimenticare che il grande mutamento del sistema politico, cui in molti a destra e a sinistra abbiamo collaborato, si fonda anche sulla decisione di assicurare la stabilità della funzione di governo indicando sulla scheda il nome del candidato premier ed imponendo a tutti chiare scelte di programma e di alleanza davanti agli elettori.

Ora, ripeto, comprenderei chi volesse sfiduciare il governo e aprire una crisi invocando elezioni anticipate, o, almeno, potendo indicare un premier diverso ed essendo sicuro di poter formare una maggioranza diversa. Non riesco viceversa a comprendere quale spirito animi chi vuole a tutti i costi aprire una crisi al buio.

A chi e a cosa serve una crisi al buio?

A cosa mira chi la pretende?

Forse spera che dalla confusione e dalla paralisi nasca il doppio risultato di ribaltare questo governo e di evitare le elezioni anticipate? Vana speranza quella di chi vuole azzerare i risultati delle elezioni politiche, di quelle europee e di quelle regionali, di chi vuole mandare all'opposizione chi ha vinto e portare al governo chi ha perso.

Ecco perché oggi l'Italia ha bisogno di tutto, tranne che di personalismi, di spirito di fazione, di logiche di piccolo gruppo, di una stagione in cui di nuovo, come negli anni tristi di decadenza della Prima Repubblica, si manifesti quella logica di autolesionismo che conduce ineluttabilmente le istituzioni a perdere la fiducia del Paese reale.

Dal voto delle Camere dipendono la prospettiva di stabilità e la speranza di crescita di un sistema economico e finanziario impegnato in una competizione durissima e in una sfida finora vincente contro una costellazione di forze che vorrebbero trascinare il Paese in una spirale di declassamento e di dequalificazione che gli italiani certo non meritano.

L’Italia è percorsa, come tutti i paesi occidentali, da serie tensioni che riguardano il cuore del sistema economico ovvero la credibilità finanziaria dello Stato.

Affrontiamo queste tensioni, forti di un lavoro straordinario e di una disciplina rigorosa e intelligente dei conti pubblici.

Abbiamo condotto in porto e tenuta ben salda la riforma delle riforme, il passaggio da una legge finanziaria - che tutti giudicavano inadatta alla governabilità di una grande e ordinata democrazia moderna, il famoso “assalto alla diligenza” - a una Legge di Stabilità che protegge con maggiore efficacia i conti pubblici e il bilancio dello Stato e quindi il nostro lavoro e le nostre imprese, i redditi e i risparmi delle famiglie, le pensioni, i servizi sociali, l’istruzione e la ricerca.

Gravati dal terzo debito pubblico del mondo, pur non avendo la terza economia del mondo, in una fase di tensione dei debiti sovrani di piccoli e medi paesi europei, ci siamo battuti e ci battiamo sui mercati internazionali e all’interno dell’Unione Europea per affermare la nostra vitalità, la robustezza reale della nostra economia, il nostro buon diritto nell’ideare e negoziare un futuro di crescita dell’Unione e dell’area dell’euro.

Facciamo tutto questo non soltanto con la riduzione degli sprechi e degli eccessi in spese pubbliche improduttive, ma anche ribadendo la centralità e il carattere virtuoso dell’alto tasso di risparmio privato, un dato che ci protegge da avverse pressioni finanziarie esterne e da rischi istituzionali e politici.

È difficile non rilevare come siano pretestuose, generiche e qualunquistiche le critiche con le quali si attacca l'operato del Governo per legittimare la contestazione nei suoi confronti. Così si lavora contro l’interesse nazionale.

Forse non si vuol vedere quanto è successo e sta succedendo intorno a noi.

Forse è stato dimenticato che l’Italia è entrata nella crisi in condizioni assai più difficili di altri Paesi perché ha dovuto affrontare la crisi finanziaria ed economica globale con un debito pubblico imponente, tra i più alti dei paesi avanzati.

Un debito, non ce lo dimentichiamo mai, ereditato dai governi del compromesso storico.

Questo debito sovrano dell'Italia la esponeva più di altri agli attacchi speculativi. All'inizio, nell’acronimo “pigs” con cui si indicano da tempo i paesi a rischio di sostenibilità finanziaria, la “i” stava per "Italia".

Oggi questa “i” non si riferisce più a noi ed il nostro debito sovrano non è sotto attacco. Le aste dei titoli del debito italiano procedono regolarmente e non incontrano ostacoli.

Solo chi è in mala fede può ritenere che ciò non sia dovuto alle politiche responsabili messe in campo da questo Governo e alla tenuta complessiva di un sistema Paese che è formato da imprenditori e operai, da lavoratori autonomi e da lavoratori dipendenti, da un sistema creditizio solido, da famiglie che risparmiano, da un sistema sostanzialmente sano e positivo.

Abbiamo capito tempestivamente la portata della crisi e soprattutto i pericoli che correva l’Italia per la fragilità delle sue finanze pubbliche, ereditata dal passato.

Non abbiamo seguito le sirene, sia domestiche sia internazionali, che ci invitavano a contrastare la crisi con stimoli fiscali, con maggiore spesa pubblica.

Così, mentre molti paesi raddoppiavano, nel corso della crisi, il proprio debito in rapporto al Pil, l’Italia non ha voluto andare in quella direzione.

Sarebbe stato da irresponsabili allargare la spesa pubblica per sostenere la crescita nel corso di una crisi in cui l’aumento del rapporto debito/PIL era già dettato dalla recessione, cioè dalla diminuzione del denominatore del rapporto.

Per questa via l’Italia si è assunta le proprie responsabilità nel contribuire al mantenimento della stabilità finanziaria e monetaria in Europa, e ha sempre trovato sui mercati finanziari convinti sottoscrittori dei propri titoli pubblici.

Questo lo si deve alla politica seguita dal governo che ha fatto sì che il deficit pubblico italiano sia oggi tra i più bassi dei paesi avanzati, ma lo si deve soprattutto al fatto che questo governo, assumendosi le proprie responsabilità, ha acquisito reputazione e credibilità sui mercati. L’Italia non è più parte dei problemi dell’economia dell’Europa: è diventata parte della soluzione di questi problemi.

Grazie a questa credibilità, l'Italia ha potuto svolgere anche un ruolo propulsivo nella politica europea.

Mi riferisco a uno dei più importanti temi oggi in discussione, fondamentale per il futuro dell’Europa e del nostro Paese: la necessità di un controllo centrale ed unitario dei debiti sovrani e di uno strumento europeo di stabilizzazione finanziaria.

Ora, con la franchezza di sempre, chiedo a voi, onorevoli senatori, di riflettere in piena libertà di coscienza su quello speciale genere di follia politica che sarebbe oggi l’apertura di una crisi senza prevedibili e visibili soluzioni.

Di fronte alle campagne antiparlamentari in corso, dobbiamo dare ancora una volta prova di quella piena responsabilità che il Paese pretende dalle Camere.

Ma ora, con la stessa certezza morale e con il coraggio politico che considero tutt'uno con il mio ruolo, voglio rivolgermi direttamente a tutti i parlamentari che nel 2008 sono stati eletti nelle liste del Popolo della Libertà, a coloro che hanno votato la fiducia a questo governo più volte e in speciale modo il 29 settembre di quest’anno e a coloro che hanno fatto parte di questo governo e ben conoscono quanto di buono tutti insieme si è fatto.

Mi rivolgo in particolare a coloro che hanno aderito ad altri gruppi parlamentari che insieme all’intera opposizione hanno presentato alla Camera una mozione di sfiducia al governo eletto dai loro stessi elettori.

Sono certo che, in questo momento, nessuno di voi può aver dimenticato la lunga strada che abbiamo percorso insieme, dal 1994 ad oggi, le battaglie che abbiamo condotto insieme, le mete che abbiamo raggiunto, quei traguardi che fino a pochi anni fa sembravano irraggiungibili.

Sono altrettanto certo che nessuno di voi intende gettare via così frettolosamente tutto ciò che in questi anni abbiamo costruito insieme: dal bipolarismo alla nascita del partito unitario dei moderati, dall’alternativa alla sinistra italiana alla guida di un governo riformatore.

Sono certo che ciascuno di voi, nel proprio intimo e nella propria coscienza, sa che l’attuale governo non ha affatto demeritato, non ha affatto tradito il mandato del popolo sovrano. Ognuno di voi sa che ciò che abbiamo fatto in questi due anni è stato tanto, soprattutto se pensiamo alle condizioni difficili e impreviste che abbiamo dovuto affrontare. Non è certo casuale che il sostegno del popolo italiano nei confronti di questo governo sia di gran lunga il più alto di ogni governo europeo. Siamo l’unico governo ad aver vinto le elezioni di medio termine. Questo è un fatto, non un’opinione di parte.

Sono assolutamente convinto, infine, che ciascuno di voi sa che qualunque dissenso è legittimo, qualunque critica è possibile, ma la rottura “no”, la sfiducia al governo “no”, la divisione del campo dei moderati “no”.

Tutto si può dire e tutto si può fare, ma non progettare un’alleanza con la sinistra in questa legislatura, camuffata con un governo di transizione, e neppure unire i propri voti a quelli dell’opposizione, sommando grottescamente i voti sottratti al Popolo della Libertà a quelli del Partito Democratico e dell’Italia dei Valori. Tutto si può fare ma non si può tradire il mandato ricevuto dai nostri elettori.

Chi persegue questi obiettivi lo può fare ad una sola condizione: che si torni dagli elettori e che si spieghi a loro perché si è cambiata opinione, presentando al popolo italiano le proprie idee, le proprie critiche, i propri programmi e le alleanze politiche attraverso cui si ritiene di poterli realizzare.

Se invece è sincera e reale la preoccupazione per la situazione difficile in cui si trova l’Italia, al pari di tutti gli altri Paesi europei, allora l’unica strada possibile è quella di rinnovare la fiducia all’attuale governo.

Di rinnovarla perché il governo ha bene agito, e di rinnovarla per senso di responsabilità nazionale.

E ciò vale ancor più in questo difficile momento per il Paese per chi non era con noi nel 2008.

Un voto di fiducia così motivato sarà testimonianza di realismo e di saggezza politica.

Un voto di fiducia così motivato consentirà di evitare una crisi al buio, di cui l’Italia non ha alcun bisogno, e aprirà una fase politica nuova.

Un voto di fiducia così motivato consentirà di completare entro la fine della legislatura le cinque azioni strategiche sancite dal Parlamento il 29 settembre con la più ampia fiducia mai ottenuta dal nostro governo e già realizzate in grandissima parte da questo esecutivo.

Abbiamo già approvato il federalismo fiscale, che serve anche a contrastare in maniera nuova ed efficace l’evasione fiscale; abbiamo approvato il Piano per la sicurezza dei cittadini, per contenere anche l’immigrazione clandestina, abbiamo approvato il Piano per il Sud, che pone fine agli interventi a pioggia usati dalla vecchia politica e mette a disposizione cento miliardi di euro per alcuni grandi progetti strategici che produrranno lavoro e benessere per tutti, a partire dai giovani e dalle donne.

Abbiamo avviato e stiamo già lavorando alla riforma del fisco con 4 tavoli tecnici in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori e delle imprese.

Stiamo per varare definitivamente la riforma dell’università, già approvata dalla Camera, che rappresenta una svolta di grande importanza per l’avvenire dei nostri giovani come è riconosciuto da gran parte degli osservatori, anche i più lontani e più critici verso questo governo, e contro la demagogia di chi sale sui tetti per intestare la protesta alla propria parte politica.

E’ per questo che la sinistra, incurante dei veri interessi degli studenti, cerca di combattere questa riforma alimentando tutte le proteste che mirano di fatto a conservare una situazione che non premia gli insegnanti migliori, che non promuove il merito degli studenti migliori, anche se appartenenti alle classi sociali più deboli, che non contribuisce allo sviluppo del Paese. Ma noi andremo avanti perché vogliamo aprire ai giovani la strada del merito, dello studio e della ricerca, affinché possano competere in Europa su di un piano di parità con i Paesi migliori come hanno riconosciuto gran parte degli osservatori.

E’ pronta anche la riforma della giustizia e la presenteremo al Parlamento, dopo un ulteriore confronto. Senza contare tutti gli altri provvedimenti in corso di gestazione che vanno dalle professioni all’agricoltura.

Non solo.

Dopo avere seguito la linea del rigore che ha messo l’Italia al riparo dai contraccolpi derivanti dalle crisi finanziarie internazionali che si sono succedute dal 2008 a oggi, e tenendo conto di questo quadro, riprenderemo il dialogo con le parti sociali – come sempre d’altronde abbiamo fatto in passato – anche sulla base delle proposte recentemente avanzate insieme da Confindustria e sindacati, cercando di coniugare il necessario rigore con gli interventi per la crescita. Su questo punto terremo anche conto dei suggerimenti e delle proposte di tutti, comprese quelle del partito liberale in ordine alle privatizzazioni. Il nostro è da sempre il governo dell’ascolto e dell’apertura a quanto di meglio propone la società civile, perché vogliamo perseguire il bene comune di tutta l’Italia e di tutti i suoi cittadini, senza alcuna distinzione sociale o geografica.

Riprenderemo con vigore anche l’azione per portare avanti le riforme istituzionali. C’è già un’intesa sui principi fondamentali riguardante tre questioni: l’aumento dei poteri del premier, la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo.

In rapporto con questa azione riformatrice si pone il problema di una modifica della legge elettorale che per noi ha un solo limite invalicabile: la difesa del bipolarismo. Perché vogliamo che il cittadino sappia in anticipo chi sarà il leader, quale sarà l’alleanza di governo, quale il programma di modernizzazione del Paese.



Onorevoli Senatori,

come vedete, la nostra posizione è chiara. E a questo punto chi ha più responsabilità la deve dimostrare.

Per parte mia, considero mia responsabilità non trascurare ogni possibilità di dialogo con l'opposizione e mia responsabilità ricomporre e rinnovare l'alleanza di tutte le forze moderate che sono state all’origine del nostro impegno politico e che oggi ritroviamo oltre che nel Popolo della Libertà, nella Lega, in FLI e nell'UDC.

L'unità dei moderati italiani: questo patrimonio storico e politico è il frutto più prezioso di questa fase e, consentitemi di sottolinearlo, del mio personale e ultra decennale impegno. L’unità dei moderati italiani è un patrimonio inestimabile e nessuno può essere così irresponsabile da distruggerlo volontariamente o involontariamente.

Non dobbiamo mai dimenticare che il popolo dei moderati è davvero un popolo unito, che condivide gli stessi valori e la stessa visione del futuro. Che condivide la stessa visione della libertà, della persona umana, della patria, della famiglia, del lavoro, dell’impresa.

Quando parliamo del futuro dei moderati dobbiamo sempre ricordarci che prima viene il popolo dei moderati , prima vengono le nostre donne ed i nostri uomini, e solo dopo vengono i partiti ed i loro leader. In una democrazia è il popolo che sceglie i leader, non sono i leader che scelgono il popolo!

Sono convinto che le difficoltà e le divisioni interne, che sono insorte non sono affatto insormontabili. Devono tornare a prevalere il buon senso e il senso della misura. Questo è quanto il popolo dei moderati ci chiede. Non ci chiede di dividerci, ci chiede di unirci per il bene dell’Italia.

A tutti i moderati di questo Parlamento propongo quindi un Patto di legislatura per garantire coerenza e continuità con il programma elettorale e con le scelte condivise, rinnovando quel che c'è da rinnovare nel programma e nella compagine di governo.

Decidiamo insieme quale sia la strada e quale sia lo strumento più indicato.



Onorevoli Senatori,

oggi non è in gioco la persona del Presidente del Consiglio.

Oggi è in gioco la scelta tra il proseguimento di un progetto di cambiamento e la restaurazione, ovvero il ritorno all’indietro, il ritorno a quei vizi tradizionali della politica che sono all’origine dei problemi di cui ora soffre l’Italia.

Il nostro Paese ha bisogno di stabilità e di governabilità, condizioni indispensabili per realizzare quelle riforme di cui vi è urgente necessità.

Garantire oggi la stabilità è la prima condizione per mettere al sicuro gli interessi del Paese e per cercare di ricomporre l’area moderata.

Se il governo otterrà la fiducia, da domani lavoreremo per queste finalità: per ricomporre l’area moderata, per allargare quanto più possibile l’attuale maggioranza a tutti coloro che condividono i valori ed i programmi dei moderati, a partire da chi si richiama alla forza politica più forte in Europa, alla grande famiglia della democrazia e della libertà che è il Partito Popolare Europeo, lavoreremo per rafforzare la squadra di governo.

Sono fermamente convinto che alla fine la ragionevolezza e la responsabilità vincono sempre sull’irragionevolezza e sull’irresponsabilità.

Sono convinto che il bene comune prevale sempre sugli egoismi interessati e che per questo penso noi andremo avanti e continueremo a lavorare nell’interesse di tutti.

Se questo non dovesse avvenire sono certo che il popolo italiano, dal quale questo governo e questa maggioranza hanno avuto un chiarissimo mandato ed una piena legittimazione a guidare il Paese, quando verrà il momento, saprà valutare con buonsenso e con giustizia, meriti e responsabilità.

Vi ringrazio.

lunedì 13 dicembre 2010

“L’istruzione è la più alta difesa della libertà”


Negli ultimi dieci anni la spesa del ministero dell'istruzione è aumentata del 30%, questo senza mai migliorarne la qualità che è costantemente diminuita e degradata. Gli otto miliardi di risparmio programmati per i prossimi tre anni non tagliano la spesa attuale, ma evitano lo sfondamento del tetto dei 50 miliardi di spesa senza qualità: non si vuole spendere meno ma si vuole spendere meglio, investendo in innovazione, formazione, premi per i docenti meritevoli, edilizia scolastica.

La volontà riformatrice del Popolo della Libertà è quella di riportare la serietà e il merito al centro del sistema scolastico, potenziando nel contempo la qualità dell'educazione dei nostri figli per permettere loro di affacciarsi al mondo del lavoro o del proseguimento degli studi con i mezzi più adeguati.
Inoltre per andare incontro alla difficile situazione di molte famiglie italiane sono stati introdotti dei tetti di spesa per i libri, che dovranno essere utilizzati per almeno 5 anni.

E veniamo alla riforma dell'università fortemente voluta da Mariastella Gelmini che ha ricevuto, da parte dell'ala sinistra e fanatica degli studenti, una risposta preconcetta e odiosa, di stampo clamorosamente conservatore. Sono solo alcune frange del movimento studentesco, bisogna dirlo e ripeterlo, mentre la più parte degli studenti continua, in silenzio e con convinzione, a fare il proprio dovere.

I docenti universitari che approvano e sostengono la riforma Gelmini ne hanno riassunto così le caratteristiche: riorganizza e moralizza gli organi di governo degli atenei; limita la frantumazione delle sedi, dei corsi di laurea e dei dipartimenti; introduce norme più efficaci e razionali per il reclutamento dei docenti; disarticola la parentopoli togliendo potere ai vecchi baroni e alle loro corti; stabilisce regole certe e trasparenti per disciplinare i casi di disavanzo finanziario e di malagestione; fissa criteri di valutazione per le singole sedi universitarie e per i singoli professori.

È importante investire a vantaggio di università e ricerca. Di più: è fondamentale. Per questo il governo, a cominciare dal presidente del Consiglio, ha insistito affinché si trovassero finanziamenti adeguati anche in una fase così delicata per le finanze pubbliche. Ma se il petrolio passa per tubature rotte, finisce che va perduto. Per evitare le spettacolari situazioni di dissesto degli ultimi anni, non ci vuole solo indipendenza ma anche capacità di governo da parte dei singoli atenei. E per avere formazione di qualità bisogna avere buoni meccanismi di valutazioni. La riforma di Mariastella Gelmini si muove proprio in questa direzione.